la gaia educazione

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venerdì 18 aprile 2014

Templi e icone contemporanei (1): Il camion e i capannoni industriali



L’ecologismo, che noia…!
Basta con il piagnisteo sulla natura, che diamine! Occorre essere orgogliosi dell’infallibile sviluppo della creatività umana, della sua operosa intraprendenza, dei suoi mirabili manufatti!

Non si può non genuflettersi davanti a quelle prodigiose manifestazioni dell’arte umana che un mondo che si dilata senza tema secondo il principio della bellezza convulsiva produce ogni giorno. E mi riferirò alla mia zona, quella dove vivo da privilegiato assoluto e talvolta colpevolmente insoddisfatto a cagione delle conseguenze del tutto secondarie, mi rendo conto, di un benessere di cui dovrei essere più che pago.

Me ne vergogno, ma qualche volta non sono allegro, ahimé. Sicuramente per problematiche interne e deficit psichici. Sebbene talora mi sorga luciferino il sospetto che anche alcuni dettagli che attengono alle metamorfosi antropogeniche dell’ambiente abbiano su di me un sordido effetto rattristevole.

Mi riferisco, in prima battuta, alla mutazione delle forme di vita che il mio territorio, la terra padana lombarda, con particolare riferimento alla Brianza, sua inclita località ridente e meta del più aristocratico dei villeggiare fino a un paio di cinquantennii fa, genera vieppiù. E allegramente.

Oggi la “bella Brianza”, un tempo meta di narcisate e merende ghiotte presso i crotti della zona, fiorisce di una nuova specie di schietta genìa di presenze sempreverdi: i camion. Si può ben dire ormai, come si dice per esempio che l’astigiano è terra del vino o che la loira è terra dei castelli, che la Brianza è la “terra dei camion”. Non perché essa li produca in proprio, no niente affatto. Essa li ospita, li culla e li fa circolare sul suo corpo estesamente cementificato, ovunque e a tutte l’ore. Camion d’ogni fattezza e dimensione, dal camioncino per piccoli trasporti al gigantesco TIR a due vagoni, dall’articolato allo snodato, furgonati e telonati, dal Doblò sempre sferzato a chiodo per consegne urgenti all’autotreno dalla sirena marittima, il camion troneggia giorno e notte per ogni dove, salutando il popolo gagliardo della Brianza con il canto del suo motore potente, con il caratteristico sferragliamento dei suoi opulenti sistemi di trasmissione, con le sue trombe dal suono fatale. Più numerosi dei narcisi stessi, ormai ridotti a qualche microcosmica manifestazione nei noti giardini delle belle villette a schiera brianzole, della misura di non più di un modesto tinello, essi troneggiano ovunque, scintillanti e invincibili.

E’ rassicurante ogni giorno averli alle spalle, specie quando nel retrovisore della mia utilitaria di essi non appare che il ghigno ammiccante dei loro lustri fascioni paracolpi, oppure qualche simpatico “musone” old style a filo di posteriore (loro amano farti sentire il loro alito sulla schiena…). E incrociarli continuamente, giganteschi, senza soluzione di continuità, a sinistra nelle strade a doppio senso o sapientemente incolonnati a due a tre e anche a quattro corsie quando invadono allegramente la tua via o intere autostrade. E’ bello avvertire il loro caratteristico profumo, quando sollevano dai loro grossi tubi di scarico densi vapori speziati nell’aria, o quando dallo stridore dei loro freni avverti sprigionarsi nell’aria nuvole di pure polveri narcotizzanti.

Il camion fa allegria, solleva speranza nel futuro, rinvigorisce la sensazione di trovarsi dalla parte giusta del mondo, quella dove si ha tutto, e molto più di tutto naturalmente, cosa di cui ci si avvede solo quando si cerca di decifrare i nomi in codice di prodotti misteriosissimi che viaggiano sulle loro immarcescibili gomme.

In fin dei conti, comunque, tu sai di essere in Brianza quando i camion sono decisamente più numerosi degli stessi abitanti del luogo.
Ma non basta. La Brianza non ha potuto fare a meno, in questi ultimi decenni, di allestire gli spazi indispensabili affinché i camion avessero un luogo ove adempiere il significato profondo dei loro magici viaggi. Una delle strutture più diffuse nella zona, uno dei campionari di soluzioni edilizie e architettoniche più vertiginose e creative, è, senza timore di sbagliare, il tempio del camion, il capannone industriale!

Ommioddio, la Brianza è meravigliosamente coltivata a capannoni, di tutti i generi, tutti i colori, tutte le grandezze, tutti i materiali, senza soluzione di continuità. Gli uni gemmano degli altri, gioiosamente, riproducendosi come le uova delle rane, a grappoli, a mucchi, a mosaico. I capannoni industriali sono il prodotto di cui la Brianza può andare davvero orgogliosa. In sé, nel suo seno, li ha albergati tutti: tutta la tipologia intendo dire. L’occhio non si stanca mai qui: sempre nuove figurazioni appaiono, sempre nuove soluzioni che finalmente fanno sparire ogni traccia di quelle noiose manifestazioni del territorio impossibili da curare e dal tutto improduttive che erano campi e brughiera e ogni altra maligna manifestazione spontanea della natura.

Giammai! E come avanzano! Non si può scordarsi per qualche giorno di transitare per qualche lugubre anfratto di natura ancora tristemente ancorata alle sue forme naturali senza che, in un batter d’occhio, non la si ritrovi sostituita da meravigliosi nuovi capannoni industriali, autentico orgoglio di una regione che lavora, che produce e che ha un tale amore per la propria terra da averla trasformata in un unico grande (forse visibile anche dal satellite) immenso agglomerato di palpitanti, operosi, incomparabili capannoni industriali.

Vivaddio, io, modesto e a mio modo operoso abitante di questa terra, son ben felice di albergare accanto a questa maestosa opera della creatività umana, benché talora, nel chiuso della mia più inconfessabile interiorità, non possa fare a meno di immaginare che un improvviso evento sismico, un maremoto, un incendio tanto colossale quanto purificatore, faccia piazza pulita di tutta questa bolgia di gomma, ferro e calcestruzzo e mi riconsegni la vecchia e sudicia natura, liberandomi al contempo anche da una catasta di inutili oggetti che, con loro, con la loro esuberanza e argentina ingenuità, i camion e i capannoni industriali, riversano continuamente nelle case, nei luoghi, nel mondo.

1 commento:

  1. Purtroppo certi eventi devastanti, per uomini e cose, accadono solo altrove, ad Haiti, per esempio, è non nell'operosa, e evidentemente agli occhi di molti, degna Brianza. Mi raccomando, guida con attenzione! Elisa

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